“L’arte deve arrivare all’eliminazione del tragico che è frutto dell’irrazionale, dell’informe, del non finito, del sentimentale che prevale sul razionale”, così Piet Mondrian a partire dal 1917 definisce la sua idea di arte nella rivista “De Stijl”.
Nato ad Amersfoort, nei pressi di Utrecht, Mondrian è da considerarsi una delle figure più rappresentative dell’arte astratta del XX secolo, tanto che le sue composizioni ne sono diventate il simbolo per eccellenza. Siamo abituati a sentir gridare il suo nome in corrispondenza dello sviluppo del neoplasticismo, ma cosa sappiamo del suo passato?
La vera essenza di Mondrian non è da ricercarsi solo nelle linee orizzontali e verticali o nei colori primari delle opere create a partire dal 1917, ma anche nei suoi raccordi con le correnti pregresse e soprattutto in relazione al suo vissuto.
Nei paesaggi realizzati tra il 1905 e il 1907 l’interesse compositivo prevale chiaramente e la resa spaziale è dettata da una struttura bidimensionale, per effetto di una trama resa dall’intrecciarsi dei rami degli alberi o dallo sdoppiamento del quadro in una parte inferiore della tela che corrisponde con quella superiore.
Tra il 1908 e il 1910 emergono elementi che rivelano una conoscenza della sperimentazione fauve: la gamma cromatica diventa energetica, squillante e i pochi colori si organizzano secondo tasselli regolari disposti secondo direzioni ritmicamente evidenziate, dove un velato pointillisme assume talvolta una struttura che ricorda un mosaico.
L’avvicinamento di Piet Mondrian alla teosofia
Il primo contatto di Mondrian con le dottrine teosofiche è documentato a partire dal 1899. Dopo aver letto “I grandi iniziati” di Schuré e i testi di alcune conferenze di Steiner, conosce Helena Blavatskij, fondatrice della Società Teosofica nel 1875, della quale l’artista entrerà a far parte nel 1909.
Sintetizzando il contenuto delle dottrine teosofiche, si afferma che il mondo è concepito come un tutto unitario, retto da determinate leggi e principi matematici, in cui i poli opposti tendono alla ricomposizione e all’armonia cosmica. Così dunque avviene per il principio maschile e quello femminile, per lo spirito e la materia. Il simbolo adottato dalla Società Teosofica, la stella a sei punte, sintetizza questa unità di spirito e materia, essendo costituito dalla sovrapposizione di due triangoli. La contemplazione ha un ruolo non indifferente in questo processo di evoluzione: le religioni e le filosofie orientali costituiscono una componente fondamentale della teosofia nella sua formulazione moderna, accanto al sincretismo di cristianesimo e dottrine neoplatoniche.
Altro concetto interessante per il riflesso su una fase della pittura di Mondrian e Theo Van Doeseburg, come anche di Kandinskij , è quello dell’aura che avvolge l’iniziato, che lo mette in contatto con la “vibrazione” universale, che gli consente un rapporto con i corpi celesti e con l’etere.
Il trittico “Evoluzione”
Tra il 1910 e il 1911 Mondrian dipinge il trittico “Evoluzione”, ancora singolarmente legato allo stile simbolista, che può considerarsi una sorta di manifesto dell’adesione alla teosofia. Secondo lo studioso Welsh l’opera va letta dalla figura di sinistra a quella di destra per poi arrivare a quella centrale, in cui gli occhi aperti e una maggiore intensità luminosa indicano la conquistata visione di una verità superiore.
La stessa forma del trittico, diffusa nell’area simbolista, può essere suggerita da un passo di “Iside svelata” della Blavatskij, in cui si tratta dei tre spiriti che vivono nell’uomo: lo spirito terrestre, lo spirito delle stelle e lo spirito divino.
Simbolici sono i passaggi cromatici della figura (dal verde al blu, il colore spirituale), forse anche l’aspetto mascolino della donna, rapportabile all’idea dell’ermafrodito, in cui si attua la fusione di un elemento maschile (spirituale) e femminile (materiale). Interessante notare come la figura centrale tenga gli occhi aperti insistendo sul fatto che la visone spirituale avviene in condizione di piena coscienza e non in uno stato di trance o di ipnosi.
L’elemento dei due fiori presenti accanto al volto della figura di sinistra trova un suo precedente nella pittura di Mondrian, in “Passiflora” del 1908, e la contemplazione del fiore come stadio nella conquista della verità suprema, in “Devozione” dello stesso anno. Il mondo vegetale in questa epoca per Mondrian diviene il mezzo per ascendere alle sfere superiori della conoscenza, ciò lo notiamo nei fiori (crisantemi e girasoli) dipinti da Mondrian per un lungo arco di anni in cui il tema del fiore morente potrebbe far riferimento al ciclo vitale e al carattere effimero delle forme naturali.