L’opera dedicata a Pulcinella di Gaetano Pesce, intitolata “Tu sì ‘na cosa grande”, è attualmente esposta in Piazza Municipio a Napoli, dove rimarrà fino al 20 dicembre 2024. Questa scultura imponente, alta 12 metri, rappresenta un tributo personale di Pesce alla città partenopea, con cui aveva uno stretto legame culturale e affettivo. L’opera, alla quale l’artista ha lavorato per circa due anni prima della sua scomparsa il 3 aprile 2024 a New York, prende il posto della Venere degli Stracci di Michelangelo Pistoletto, distrutta da un incendio nel luglio 2023.
Nato a La Spezia l’8 novembre 1939, Gaetano Pesce è stato uno degli artisti e designer più visionari del panorama artistico internazionale del Novecento e del XXI secolo. La sua carriera è stata caratterizzata da un’inarrestabile ricerca di nuove forme espressive, spaziando tra arte, design e architettura. Tra le sue opere più celebri, ricordiamo la Serie UP – sedie antropomorfe che riflettono sulle questioni sociali e di genere, esaltando il femminile e il femminile nel rapporto con la maternità – e le sue sperimentazioni con materiali come la resina, che lo rendono capace di produrre opere che sfidano le convenzioni estetiche e culturali.
Gaetano Pesce e l’opera Tu sì ‘na cosa grande in Piazza Municipio a Napoli
L’opera Tu sì ‘na cosa grande ha immediatamente suscitato accesi dibattiti tra critici e pubblico per i suoi più o meno evidenti riferimenti simbolici. Alcuni vi hanno colto rimandi all’erotismo (riflessione sicuramente “in trend” con il linguaggio dell’artista) con forme che, pur non esplicitandolo formalmente, richiamano l’arte erotica. Questo legame tra arte ed eros, va detto, non è nuovo a Napoli, dove l’arte è profondamente intrecciata con la spiritualità e la sensualità. Napoli, ospitando l’opera di Pesce, si presta dunque a una riflessione – in primis – “metartistica” sul tabù dell’intersezione tra grottesco ed evocativo attraverso l’eros e – in secondo luogo – su cosa possa rappresentare l’identità (in questo caso partenopea) nella contemporaneità. Il connubio tra erotismo e arte è una costante nella storia dell’espressione artistica, senza distinzioni di epoche e culture. Dalle raffigurazioni di affreschi pompeiani, in cui la sessualità era vissuta come parte integrante della vita quotidiana e del sacro fino ai capolavori del Rinascimento, l’erotismo ha spesso assunto un ruolo chiave, anche se nascosto sotto simbolismi sottili. L’erotismo rinascimentale, a differenza delle rappresentazioni più esplicite dell’antichità, era filtrato attraverso l’estetica cristiana. Ne è un esempio l’iconografia del San Sebastiano, spesso raffigurato con una bellezza idealizzata e sensuale, che lo ha reso, si sussurra, un’icona dell’amore omosessuale del tempo.
O ancora, L’Estasi di Santa Teresa di Gian Lorenzo Bernini, un capolavoro scultoreo del Barocco, in cui il confine tra estasi spirituale ed erotica si assottiglia. L’opera raffigura Santa Teresa d’Avila in un momento di unione mistica con Dio, ma la resa delle espressioni facciali e del corpo suggerisce anche una dimensione fisica e sensuale, tanto che molti critici hanno interpretato l’opera come un inno all’erotismo sacro. Questo dualismo tra sacro e profano è una costante nell’arte, che ama mostrare il punto in cui il desiderio carnale e la ricerca del divino si fondono.
A voler citare anche un parallelismo esotico, non si può trascurare la tradizione giapponese degli shunga, le tavole erotiche prodotte nel periodo Edo. Questi disegni, caratterizzati da un’estetica raffinata e sensuale, venivano spesso donati alle giovani spose come una sorta di manuale di istruzioni per il piacere. Lontani dall’essere mere raffigurazioni sessuali, gli shunga erano celebrati come una forma d’arte elevata, in grado di esplorare la dimensione umana del desiderio in modo intimo e poetico.
L’arte erotica, lungi dall’essere solo una rappresentazione del corpo nudo o dell’atto sessuale, esplora l’interiorità umana, le passioni e i desideri più intimi. Artisti di ogni epoca hanno cercato di comunicare l’inesprimibile attraverso forme e colori, stimolando non solo i sensi, ma anche la mente dello spettatore. Come affermava Picasso, “L’arte non è mai casta. Se lo è, non è arte. Arte e sesso sono la stessa cosa”. Pensiamo anche alle opere dell’artista contemporanea Xi Pan, che continua questa riflessione integrando tematiche erotiche con grande raffinatezza e sensibilità. Nata in Cina e formatasi tra Hangzhou e Mosca, Xi Pan esplora attraverso la pittura una sensualità delicata e provocante, ponendo particolare attenzione alla bellezza del corpo femminile. Il corpo è concepito non solo come oggetto di desiderio, ma anche come potente espressione della forza interiore e dell’autenticità delle donne. Le sue opere trasmettono una sensazione di intimità e vulnerabilità, invitando lo spettatore a immergersi in un mondo in cui il desiderio e la forza si intrecciano.
Se questo breve sguardo sul ruolo dell’erotismo nell’arte ci può portare a calare Tu sì ‘na cosa grande in una dimensione più sfaccettata e complessa, per affrontare l’aspetto del significato identitario dell’opera, è bene passare attraverso l’analisi dei bozzetti di Gaetano Pesce. Nei bozzetti, infatti, è possibile cogliere la figura iconografica di Pulcinella: i suoi colori identificativi e la caratteristica camicia bianca evocano la maschera simbolo della cultura napoletana, cultura dove -ricordiamo – la sessualità, velata o esplicita, sussurrata o cantata, fa da sempre parte della tradizione e del linguaggio partenopeo. La scultura così come realizzata sembra, invece, allontanarsi da queste rappresentazioni: l’impressione è al massimo quella di un Arlecchino (un po’ slavato) e non certamente di un Pulcinella. Forse, se nella realizzazione dell’opera fossero stati mantenuti elementi identificativi presenti nei bozzetti, come i colori del bianco e del nero ad esempio, il rimando a Pulcinella sarebbe stato sicuramente più immediato…