«È un film profondamente musicale, senza essere un musical» così Margherita Vicario, artista eclettica e regista del film, definisce Gloria! quando le chiedo cosa ci si deve aspettare da questa opera prima. Il film è uscito nelle sale italiane l’11 Aprile, con l’aiuto «indispensabile» (come ammette lei stessa) di Anita Rivaroli, ed è stato prodotto da Tempesta e Rai Cinema.
Durante la breve intervista, la regista sottolinea subito la forte matrice musicale del film, che collega la sua carriera da cantautrice alla sua nuova posizione nel mondo cinematografico, tanto che l’opera non sembra neanche un esordio alla regia, ma piuttosto un modo nuovo e personale di coadiuvare due linguaggi artistici per trasmettere il proprio messaggio intriso di forza, positività e coraggio.
Gloria! di Margherita Vicario
Margherita Vicario ci confessa che il film ha un profondo rapporto con la sua storia di vita, rivelandoci che molte delle scene musicali presenti nell’opera lei le aveva già in mente da molto tempo. Infatti, tanti dei brani che le protagoniste eseguono al pianoforte, sono proprio componimenti suoi, che lei stessa suonava fin da piccola, ma che non avevano mai trovato spazio in un disco, perché repertorio di musica strumentale e dunque non in linea con il suo genere.
È molto interessante notare anche come la regista si approccia alla ricostruzione storica dei fatti: l’opera ci trasporta in un istituto femminile musicale di inizio 800 (tanto che il film si chiude sulla dedica a «tutte le compositrici che, come fiori messi a seccare, sono rimaste nascoste tra le pagine della storia.»), ma ben presto ci rendiamo conto che la contemporaneità irrompe nel passato, soprattutto attraverso l’uso di un linguaggio musicale pop e moderno.
Il film è potente nella sua capacità di andare oltre le convenzioni sociali e contro i poteri dominanti, prendendosi anche un po’ gioco di tutte quelle regole e di quelle forme di autorità patriarcale e di sottomissione femminile, tipiche dell’epoca in cui è ambientata la storia, ma che ci portano inevitabilmente a riflettere anche sui limiti e sulle contraddizioni della nostra società. Inoltre, Margherita Vicario mette al centro la figura femminile, dando voce all’energica solidarietà delle protagoniste: cinque giovani donne, per lo più orfane, che studiano all’istituto musicale di Sant’Ignazio, dove possono coltivare la loro passione per la musica coordinate da Perlina, Maestro di Cappella, interpretato da Paolo Rossi.
È proprio qui che noi spettatori entriamo in contatto con cinque storie di vita differenti, che si intrecciano e si intersecano nella trama del film: abbiamo la storia di Teresa (Galatéa Bellugi), una giovane dal potere musicale visionario, che rappresenta proprio la chiave di volta per quella che sarà la rivoluzione musicale e femminile del gruppo; poi quella di Lucia (Carlotta Gamba), testarda e tenace che dovrà presto affrontare la realtà: l’immaginario collettivo del principe che salva la fanciulla rinchiusa è definitivamente démodé. Ci sono poi la piccola e ingenua Marietta (Maria Vittoria Dallasta), la timida e taciturna Prudenza (Sara Mafodda) e Bettina (Veronica Lucchesi), femminista dichiarata e grande ammiratrice di Madame de Staël.
Una nota di merito al finale: un vero e proprio «concerto nel concerto», come lo definisce la regista stessa, in cui il pubblico si deve «sentire dentro», coinvolto e travolto dall’impeto di un gruppo che ha il coraggio di dire la propria e di ribellarsi attraverso la coesione e lo spirito d’unione.
Infatti, anche da donna, ammetto che dopo la visione del film ci si sente forti e potenti, capaci di sovvertire un ordine prestabilito e di esprimere la propria libertà attraverso la creazione artistica, in questo caso specifico rappresentata proprio dalla musica.